Da una piccola vigna a una grande azienda
Il nonno di Raffaele, possedeva una piccola vigna a Chiaramonte. Il padre, imprenditore emigrato in Brianza, l’ha trasformata oltre 20 anni fa in una grande azienda che oggi esporta il vino siciliano in tutto mondo. Se a Chiaramonte c’è il cuore dell’azienda i vigneti si estendono dall’Etna a Pachino. Nero D’avola, Frappato e Carricante sono alcune delle eccellenze qui prodotte, nel rispetto della tradizione. «L’antica saggezza contadina è quella che ci permette di interpretare o di avere le linee guida per interpretare» spiega Raffaele. «Oggi possiamo semplicemente apportare migliorie tecniche a quello che era il saper fare di un tempo. Perché l’osservazione dei nostri avi in agricoltura era straordinaria e oggi forse abbiamo dimenticato di osservare».
La potatura delle viti
In questo periodo, mentre le viti riposano e si preparano alla nuova annata, la terra va lavorata e rinnovata con evoluti metodi meccanici che rendono efficace la scerbatura nel rispetto della pianta. Questo, per le vigne, è anche il periodo delle potature che qui rappresentano una fase cruciale perché Raffaele, consulente per Simonit&Sirch, è un esperto in tema. «Ritengo che la potatura sia uno dei momenti più delicati perché tagliare qualcosa vuol dire ferire. E le ferite vanno fatte in maniera ordinata. Non dimentichiamo che la vite per poter produrre deve essere tagliata obbligatoriamente ogni anno quindi mi ritrovo a fare dei tagli in maniera obbligatoria, devo saperli fare. Questo determina in maniera ormai fondamentale la longevità della pianta».
I primati di Cantine Gulfi
L’azienda produce 200 mila bottiglie circa ogni anno e vanta una serie di primati: è stata la prima a impiantare Pinot sull’Etna, a produrre con il concetto di Cru in questa parte di Sicilia e a coltivare totalmente in regime biologico già nei primi Duemila. Per questo siamo così orgogliosi di essere a fianco di Raffaele e della sua visione. «Non è un merito nostro quello che c’è. Noi dobbiamo essere capaci di portare avanti e dare le nostre competenze e la visione attuale. Che però è sempre quella, cioè far bene, bisogna farlo bene».